Vincenzo Tancredi e il suo lavoro per le “Fasce deboli” vittime di truffe e furti
Intervista di Nico Ivaldi
Non dev’essere stato facile dopo tanti anni lasciare la volante per un meno rischioso lavoro di raccolta denunce, ma Vincenzo Tancredi, cinquantatré anni, origini foggiane (San Marco in Lamis, per la precisione), in Polizia dal 1982, due figli di cui uno lavora per un’agenzia investigativa, ha raccolto la nuova sfida con entusiasmo.
In realtà, parlare di raccolta denunce è troppo riduttivo per descrivere un servizio istituito nel 1999 dalla Questura di Torino, per la prima volta in Italia (quando si dice la Torino dei primati!) e dedicato ai soggetti meno tutelati della società, soprattutto gli anziani. “Ufficio Fasce deboli”: questa è l’esatta denominazione del servizio diretto proprio da Tancredi, sovraintendente capo della Polizia di Stato.
“Oramai le truffe a danno delle persone anziane costituiscono un numero di proporzioni allarmanti” spiega Tancredi. “Il mio lavoro consiste nel raccogliere a domicilio le denunce delle persone vittime di truffe che non hanno la possibilità, o la forza, di raggiungere il commissariato. In realtà il sopralluogo serve soprattutto ad avviare le indagini, ma presto ho capito che il mio compito era anche un altro, quasi da psicologo: ascoltare e aiutare, con pazienza, a superare il trauma”.
Non ti manca il lavoro, sicuramente più dinamico, della volante?
“Un po’ sì”, ammette Tancredi. “Sono entrato in polizia giovanissimo, mi piaceva molto il lavoro sulla strada. A quei tempi le volanti erano piccole famiglie dove si divideva tutto, ci si aiutava moltissimo fra di noi. E il lavoro l’ho imparato soprattutto dai colleghi più anziani, buoni poliziotti che non ti facevano mancare i consigli e gli incoraggiamenti”.
Che cosa significa essere un buon poliziotto?
“Significa essere vicino alle persone e alle loro problematiche, senza preoccuparsi troppo degli orari e del fatto che magari il tuo sacrificio toglie tempo alla famiglia o ai tuoi interessi. Naturalmente mi riferisco ai servizi di polizia sulla strada”.
Che cosa ti ha spinto a indossare la divisa? C’era qualche poliziotto in famiglia?
“No, mio nonno era agricoltore, mio padre operaio, uno dei tanti saliti al Nord durante la grande immigrazione dal Meridione. Fin da ragazzo avevo un interesse per il corpo della polizia, come istituzione al servizio del cittadino. Volevo aiutare le persone, ne sentivo proprio il bisogno, volevo essere utile, parte attiva della società. Mi sono sempre prestato per gli altri, da ragazzo ero animatore in parrocchia e ancora oggi sono vice presidente di una società di karate, dove seguo molti giovani; anche qui c’è la mia volontà, al di fuori del servizio che svolgo tutti i giorni, di stare nel sociale”.
Il servizio Fasce deboli nasce soprattutto per raccogliere le denunce degli anziani, i più colpiti da truffe e raggiri di ogni genere...
“Ancora oggi l’anziano custodisce in casa i suoi preziosi, soldi, gioielli, ricordi di un certo valore, gli ori di una vita. Questo i malfattori lo sanno e quando colpiscono sanno di farlo quasi a colpo sicuro. Gli anziani sono seguiti e osservati nei piccoli percorsi, per esempio dalla posta a casa, o dalla banca a casa, o dal supermercato a casa, e i malfattori tendono a colpirli approfittando della stanchezza, giocando sul fatto che gli anziani desiderano chiacchierare e raccontare di sé. È a quel punto che si mette in moto la macchina della truffa”.
Quali sono le raccomandazioni da fare?
“Custodire pochi soldi in casa; se si hanno dei gioielli, sarebbe il caso di lasciarli in una cassetta di sicurezza della banca. E non dare confidenza a chi non si conosce. Anche il telefono è un veicolo importanti per i truffatori: alle volte basta una telefonata per mandare in ansia l’anziano con discorsi forti, tipo c’è una fuga di gas, suo figlio ha avuto un incidente grave….”
È vero che anche i pazienti degli ospedali sono spesso vittime di furti?
“Purtroppo si tratta di un fenomeno in crescita. Nei reparti e in corsia avvengono episodi incresciosi, furti di borse, portafogli, cellulari. Ci sono reparti tipo oncologia o maternità dove la crudeltà dell’uomo non ha confini. Fare più controlli? Già viene fatto, ma quando c’è l’orario di visita è impossibile controllare venti o trenta persone. I delinquenti utilizzano anche il momento del cambio di turno degli infermieri, sembra conoscano anche i loro orari, e questo vale anche per i medici”
Vincenzo Tancredi crede fino in fondo nel suo lavoro e non si sottrae agli inviti nei comuni, nelle parrocchie, nelle Unitre per sensibilizzare e mettere in guardia non soltanto gli anziani sui rischi che si corrono quotidianamente.
“Il consiglio che mi sento di dare quando un anziano viene avvicinato da uno sconosciuto è di prendere tempo, minacciare di chiamare una persona conosciuta, fingere di aspettare qualcuno; molto spesso questa prontezza di spirito può essere la salvezza. Naturalmente, passato il pericolo, è importante telefonare subito al 113, ogni caso va segnalato con molta attenzione. È poi è importante fare rete con i vicini di casa e confrontarsi con altri che hanno vissuto la stessa esperienza, creare una specie di barriera”
Qual è l’identikit del vero truffatore?
“Il vero truffatore è un attore che ogni volta usa un travestimento diverso. Si può presentare come un operaio inviato dall’amministratore, un tecnico del gas, anche un poliziotto o un carabiniere. Veste con cura, sa parlare bene, spesso in dialetto piemontese, è in grado di comunicare con una certa abilità. E poi, quando capisce di essere stato smascherato e individuato, non insiste, non vuole rischiare, abbandona la presa”.
Quanto ti ha arricchito il contatto continuo con i soggetti più indifesi e fragili della nostra società?
“Moltissimo. Quando vedo le sofferenze e il dolore degli anziani mi immedesimo in loro al punto che ho pensato che dovevo fare di più. Così, ho deciso di raccogliere in un libro venticinque storie di truffa che mi sono state raccontate personalmente. Lo scopo non è certo legato all’intrattenimento, ma a dispensare buoni consigli per non cadere in trappole ben congegnate”.
Io non abbocco è il titolo del libro (il ricavato dalla vendita viene devoluto agli anziani che hanno subito truffe) pubblicato da Edizioni Gruppo Abele. Storie di persone anziane (e non solo) vittime di ruberie e raggiri realizzati con spregiudicata abilità da finti incaricati del gas o della luce, da sedicenti vigili o poliziotti, da improbabili amici di amici, da insospettabili benefattori e da truffatori di ogni genere incontrati per strada o comparsi sulla porta con il corredo di una facile parlantina e di storie rocambolesche.
Un’opera che rende giustizia al lavoro di Tancredi e della sua pattuglia, ma soprattutto alla sua passione per i libri e la letteratura.
“Sono un grande lettore del verismo, adoro Verga e Carlo Levi. Mi interessano molto il lato sociale e le condizioni di vita degli ultimi. La letteratura è lo specchio della vita. Adesso ho concluso un secondo libro, ventitré racconti alcuni dei quali dedicati ai giovani, perché nessuno è immune dalle truffe, indipendentemente dall’età”.