“Inflazionare l’arte”
Pinot Gallizio, dalla farmacia di Alba alle mostre internazionali
di Guglielmo Pellerino
Le definizioni sono dei contenitori. Mescolano una serie di elementi sintetizzandoli e cogliendone gli aspetti più estremi. Ecco perché, parlare di Gallizio come farmacista-pittore significa solo donarne una sintesi, istintiva, delimitata da due estremi. Ma essendo le definizioni solamente dei contenitori, una volta scoperchiati si scorge al loro interno uno spazio di esperienze in continuo movimento, una vita vissuta seguendo le passioni, immergendosi in ogni aspetto del fascino del mondo.
Giuseppe “Pinot” Gallizio nasce ad Alba nel 1902. All’età di dieci anni viene portato a Torino dove si forma scolasticamente: consegue il diploma tecnico al collegio San Giuseppe Cafasso e s’iscrive alla Facoltà di Chimica e Farmacia dove nel 1924 si laurea. Trova lavoro presso una farmacia nel cuore di Torino, in Via Garibaldi, dove lavorerà fino all’incontro con Augusta Rivabella che sposa nel 1933 tornando a vivere ad Alba. Durante la guerra presta servizio come ufficiale farmacista e dopo l’8 settembre sceglie di combattere come partigiano (nome di battaglia Gin) unendosi nel 1944 alla Divisione Alpi. Terminata la guerra entra nella consulta comunale nella lista della DC. Dall’aprile 1946 all’agosto 1947 diviene assessore. Successivamente, abbandona la DC per il PCI. Nel 1951 viene eletto nel consiglio comunale e mantiene il ruolo fino al 1960.
Nel 1952 conosce Piero Sismondo, un giovane pittore e ceramista studente di filosofia a Torino e da questo incontro inizia la nuova vita di Gallizio. Nonostante già abbia cinquant’anni, si getta con profondo interesse nella scoperta del mondo dell’arte. Per un uomo come Gallizio, curioso, incline alla sperimentazione costante, non basta conoscere l’arte attraverso le pratiche comuni e per questo inizia il suo personale percorso di studio e di ricerca: come una sorta di alchimista dei pigmenti, usa le nozioni di chimica apprese durante gli studi per creare nuove resine e solventi da impiegare nel processo di produzione artistica.
Un altro incontro che dà impulso alla rapida formazione artistica di Gallizio è quello col pittore danese Asger Jorn, aderente al MIBI (Movimento Internazionale per una Bauhaus Immaginista): Gallizio inizia a viaggiare per l’Europa e a stringere amicizie con artisti e personalità del mondo dell’arte. Ma è ad Alba, nei locali sotterranei di un convento del XV secolo, che egli crea un laboratorio nel quale produrrà la maggior parte delle opere.
Si affaccia al mondo dell’arte non più giovanissimo, è vero, ma affronta questa nuova esperienza con entusiasmo, lavora, organizza eventi: il 2 settembre 1956, nel salone Municipale di Alba, Gallizio apre il Primo Congresso Mondiale degli Artisti Liberi: “I creatori di cose nuove sono gli artisti – siete Voi – che qui vi siete trovati per vie e combinazioni diverse, a dar mano ad un lavoro comune, che io definirei – antibrevetto – di pura solidarietà di lavoro”. Pittori, architetti, artisti provenienti da otto nazioni giungono ad Alba per rappresentare le correnti avanguardiste europee, per discutere di arte, per cercare nuovi modi di comunicare e di relazionarsi al mondo. In una foto scattata dell’evento si riconoscono Enrico Baj, Piero Sismondo, Elena Verrone, Ettore Sottsass, Constant, Wolman.
Alba e i suoi cittadini vivono in prima persona il fermento delle avanguardie e in quella settimana vengono assorbiti da un evento che probabilmente il tempo farà sbiadire ma che i testi accademici mostrano avere una cera rilevanza, almeno nell’ambito delle correnti avanguardiste. Il piccolo comune nelle Langhe si trasforma in un laboratorio creativo, un luogo atipico e lontano dalle grandi città dell’arte europee come Parigi o Amsterdam (dove Gallizio esporrà in seguito), ma che nella silenziosa quotidianità ospita, quasi inconsapevolmente, la nascita di una cultura artistica che si declinerà in molteplici forme da quel momento in poi.
Da quell’esperienza, l’anno successivo nasce l’Internazionale Situazionista, che per Gallizio significa l’avvio della Pittura Industriale: una maniera differente di porsi nei confronti dell’arte, un approccio lontano dalle tecniche tradizionali e soprattutto con finalità diverse, estranee al mercato. Probabilmente uno dei periodi più intensi per Gallizio, che avvia una produzione faticosa, frenetica ma inarrestabile, sempre alla ricerca di nuove idee ma soprattutto di significati. È lui a sviluppare l’idea di “inflazionare l’arte” già dichiarata nel Manifesto della pittura industriale. Una nuova arte che culmina nel gesto estremo di vendere la tela “al metro”: la tela, l’oggetto sacro dell’arte viene venduto a poco prezzo e a piccoli pezzi. Atto estremo e provocatorio che compie a Torino, presso la galleria “Notizie”, dove srotola lungo le pareti tre tele dipinte di lunghezze considerevoli (12, 14 e 70 metri) per poi cimentarsi nell’atto della vendita basandosi sulla quantità.
Il gesto eclatante viene riproposto ad Alba, ma non in una galleria d’arte bensì al mercato, dove la gente accorre ad acquistare metri di tela dipinta da Gallizio come se si trattasse di un qualsiasi oggetto – e magari qualcuno, un po’ distratto, di quei metri di stoffa ci avrà davvero fatto un oggetto di arredamento, una tenda o una tovaglia.
Più volte, nei carteggi, Gallizio si dimostra disinteressato all’aspetto economico dell’arte, che vede piuttosto come uno strumento di comunicazione e di critica della società. Scrive in uno scambio di lettere con il gallerista francese René Drouin: “Noi non parliamo le lingue o i dialetti del mondo economico (se non occasionalmente) – ma bensì l’esperanto del colore e delle forme che colla sua magia è comprensibile ad ogni latitudine”. Dal laboratorio di Alba arriva a esporre a Parigi nel 1959.
Oggi custode della memoria di Gallizio ad Alba è lo Spazio Gallizio che si trova in una sala al secondo piano del Centro Studi Beppe Fenoglio. Qui, oltre ai testi e ai documenti, è conservata anche L’anticamera della morte, un’opera considerata testamento del pittore: uno scaffale contenente oggetti che simboleggiano la storia della sua vita, dalla chimica alla pittura, ricoperti di vernice nera, un’opera ambientale ultimata poco prima della sua improvvisa morte avvenuta all’età di 62 anni, nel febbraio del 1964. Pochi mesi dopo, le sue opere saranno esposte in una sala personale in occasione della XXXII edizione della Biennale di Venezia.
Un’esistenza e un’attività artistica a tratti silenziosa, ma non muta. In una decina di anni di attività artistica Gallizio ha lasciato la propria firma nel panorama artistico europeo. Le sue opere, partite da Alba, hanno percorso lunghe strade, ma se alcune hanno un nome e un indirizzo dove poterle andare ad ammirare, di quei frammenti tagliati e venduti al metro si sono perse le tracce. Mi piace immaginare questi metri di tela, come quelli venduti al mercato di Alba, utilizzati in casa di qualche persona inconsapevole, come oggetto di quotidianità, magari per coprire un tavolo, o come tenda, in un luogo sottratto al mercato dell’arte che Gallizio voleva “inflazionare”. E in fondo non sarebbe questa la più postuma, estrema e romantica provocazione?
Questo articolo ha ricevuto una menzione alla X edizione del Premio Piemonte Mese, Sezione Cultura